Da dove si fugge.
La condizione della donna nelle aree rurali dell’Etiopia.
In questo paese dell’entroterra dell’Africa Orientale che si colloca al 163° posto su 188 in termini di sviluppo umano i casi di disabilità cognitiva e fisica, secondo stime ufficiali, riguardano il 10% della popolazione.
A causa dell’inesistenza del termine disabile nella lingua ufficiale e alla mancanza di informazione a livello sanitario, un bambino che nasce affetto da handicap si presume colpito da un maleficio che, nella cultura ancestrale e tradizionale viene trasmesso su commissione dalla figura del Witch Craft. Il Witch Doctor è la figura antitetica del Witch Craft, è colui che scaccia il maligno in contrapposizione a colui che lo invoca.
A causa dell’inesistenza del termine disabile nella lingua ufficiale e alla mancanza di informazione a livello sanitario, un bambino che nasce affetto da handicap si presume colpito da un maleficio che, nella cultura ancestrale e tradizionale viene trasmesso su commissione dalla figura del Witch Craft. Il Witch Doctor è la figura antitetica del Witch Craft, è colui che scaccia il maligno in contrapposizione a colui che lo invoca.
Secondo l’ultimo Gender Global Gap Report del World Economic Forum, l’ Etiopia si situa al 118 posto su 136 paesi in termini di discriminazione verso il genere femminile. In una società maschilista la donna si rompe la schiena ed è vittima di soprusi e violenze. L’uomo trascorre le sue giornate a bere alcolici, nei bordelli o al fronte con l’Eritrea perché è impegnato come militare.
Sono per la maggior parte contadine e condurre una vita del genere non è per niente facile, si deve ogni giorno fare il conto con la carenza di acqua in un territorio dove la siccità è pericolosa tanto quanto l’HIV.
L’Etiopia è un paese povero ma in rapidissima crescita con un PIL stimato al 10,9%.
Le donne sono la forza di questo angolo d’Africa e hanno a che fare con attività cicliche di natura alimentare e riproduttiva. Sono velate da una delicata stoffa bianca chiamata netzellà e trasportano sulla schiena pesi di natura sia fisica che psicologica.
Questa situazione è confermata da un Report promosso dall’Ethiopian Women’s Association in collaborazione con l’ Ethiopian Women Lawyers Association, dal titolo “Convention of the Elimination of all Forms of Discrimination Against Women”. Nel testo si legge che secondo i dettami di un ideologia dominante, che prevede il controllo e lo sfruttamento delle donne, esse vengono principalmente impegnate nei lavori domestici o in attività informali poco valorizzate e spesso non remunerate.
Quelle poche volte che grazie a un micro credito decidono di aprire una loro piccola attività, se non riescono a ripagare lo Stato del prestito concesso finiscono in carcere con i figli, perché il padre, per cultura, non si occupa di loro. Molte si prostituiscono e nelle aree rurali il tasso di HIV arriva fino al 50% secondo uno studio del FHI (Family Health International).
Ad Adwa, paese a Nord dell’Etiopia a 40 km in linea d’aria con l’Eritrea, c’è un quartiere interamente dedicato a questa pratica chiamato “Cecenia”. Le ragazze, vestite succintamente commerciano prestazioni sessuali per garantirsi la sopravvivenza, esponendosi al rischio di contrarre l’HIV e contribuendo alla diffusione della malattia. Anche questa è una delle conseguenze della povertà estrema. Molte di loro sono donne sole con 5/6 figli a carico, e in questo modo procurano loro sostentamento.
Un altra pratica straziante alla quale sono spesso sottoposte è quella delle amputazioni genitali, come l’infibulazione, si è infatti stimato che 100 milioni di donne in Africa sono state straziate da questa pratica. In Etiopia è diffusa la convinzione che i genitali femminili se non escissi crescano fino a raggiungere le proporzioni di quelli maschili.
Per questa gente il mondo è solo questo, e quando le senti parlare delle violenze che subiscono e delle umiliazioni ti pare di percepire che in loro ci sia rassegnazione, per i loro figli è normale così, l’unico esempio che hanno è questo e generazione dopo generazione la donna rimarrà colei che accudisce i figli, che cucina, che va a prendere l’acqua al pozzo, va al mercato e lavora dall’alba al tramonto interrottamene. Non è compito nostro far capir loro cosa è giusto o sbagliato. Ma è compito nostro ascoltare il loro grido di aiuto. Queste condizioni sono a sole 6 ore di volo, tante volte ci chiediamo da dove fuggano i profughi, non c’è solo la guerra ma, condizioni di vita disumane.